cuḍḍureḍḍa

cuḍḍureḍḍa

cuḍḍureḍḍa f. (267 Cefalù) porzione di pasta di pane di varie forme gen. cotta nella parte anteriore del forno insieme al pane. Era destinata soprattutto ai bambini, che la consumavano ancora calda spesso senza condimenti o unicamente con olio e sale, mentre i più grandi usavano aggiungervi sarde o acciughe salate, formaggio, pomodoro e origano. Anche → fuazza e fuazzeḍḍa. 2. (270 Polizzi), cuḍḍureṭṛa (280 S. Mauro C.) piccola porzione di pasta di pane (anche non ancora ben lievitata) schiacciata e posta a cuocere su un lato del forno accanto alla brace, gen. prima di infornare il pane. È consumata anche senza condimento oppure condita all’interno con olio e sale o con acciughe. Anche vruscata (280) e vruscàtula (280).

◙ Dim. di → cuḍḍura.

Per designare focacce di vario tipo, questo nome ricorre anche in altre varietà distribuite in diverse province della Sicilia: Castelvetrano, Marsala, Mazara del Vallo, Pantelleria Salemi e Vita (TP); Montevago, San Biagio Platani, Regalbuto (AG); Patti (ME); Militello Val di Catania e Tremestieri Etneo (CT); Cassibile-Siracusa. In altre varietà siciliane, cuḍḍureḍḍa – con alcune varianti fonetiche – designa alcuni biscotti di varie forme, spec. quelli natalizi spesso tipicamente ripieni di fichi secchi, mandorle, noci e/o nocciole e altri ingredienti aromatizzanti: così, isolatamente, a Bisacquino (PA); Alcamo, Calatafimi e Favignana (TP); Caltabellotta, Casteltermini, Lucca Sicula e Villafranca Sicula (AG); San Fratello, Francavilla Sicula e Motta Camastra (ME); Castiglione di Sicilia e Licodia (CT); Pachino (SR). Nelle varietà di nissene di Dèlia e Sommatino questo nome designa, invece, i dolcetti a forma di corona fatti con cordoncini di pasta fritta. A Scicli e a Vittoria (RG) il nome designa, invece, dolcetti di pasta sbollentati e serviti col vino cotto e le mandole tritate.